Mostruosa galassia nell’universo primordiale

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Mostruosa galassia nell’universo primordiale

LO STUDIO È PUBBLICATO SU THE ASTROPHYSICAL JOURNAL
Circa 12 miliardi di anni fa, quando l’universo era ancora adolescente, la galassia Xmm-2599 aveva già una massa di oltre 300 miliardi di soli. Uno studio ha ora dimostrato che la formazione stellare era stata, fino a quel momento, incredibilmente attiva per poi, improvvisamente e per ragioni ancora sconosciute, cessare completamente. Nella scoperta sono coinvolti anche tre astrofisici dell’Inaf: Francesco La Barbera, Mario Nonino e Paolo Saracco

galassia primordiale

Un team internazionale di scienziati ha trovato un’insolita ed enorme galassia che esisteva già circa 12 miliardi di anni fa, quando l’universo aveva solo 1.8 miliardi di anni – o, in altre parole, solo il 13 per cento della sua età attuale, pari a 13.8 miliardi di anni. Dalla sommità del vulcano Mauna Kea, alle isole Hawaii, grazie alle numerose osservazioni effettuate con l’Osservatorio W. M. Keck, il team ha scoperto che la galassia in questione, chiamata Xmm-2599, era veramente molto massiccia, e deve aver formato stelle a una velocità elevatissima. Poi, improvvisamente, per ragioni ancora sconosciute, ha smesso di farlo.
«L’universo non aveva ancora due miliardi di anni, e già la massa di Xmm-2599 superava quella di 300 miliardi di soli», dice Benjamin Forrest, ricercatore alla University of California Riverside (Ucr) e primo autore dello studio. «Con il nostro lavoro siamo riusciti a dimostrare che Xmm-2599 ha formato la maggior parte delle sue stelle molto velocemente, quando l’universo aveva meno di un miliardo di anni, per poi diventare inattiva quando ne aveva solo 1.8 miliardi».
Per arrivare a queste conclusioni, il team ha utilizzato le osservazioni spettroscopiche del potente Mosfire (Multi-Object Spectrograph for Infrared Exploration), che ha permesso di compiere misure dettagliate di Xmm-2599 e quantificarne con precisione la distanza. «Sono state necessarie molte osservazioni, alcune delle quali lunghe nove ore ciascuna, per determinare la distanza e la massa di Xmm-2599», ricorda il coautore Percy Gomez, astronomo all’Osservatorio del Keck.
«In quell’epoca, pochissime galassie avevano smesso di formare stelle e nessuna è così massiccia come Xmm-2599», osserva Gillian Wilson, anch’egli di Ucr. «L’esistenza di galassie ultramassive come Xmm-2599 rappresenta una vera sfida per i modelli numerici. Anche se galassie così enormi sono, per quell’epoca, incredibilmente rare, risultano comunque previste dai modelli. Tuttavia, dovrebbero essere galassie ancora in grado di formare stelle. Ciò che rende Xmm-2599 così interessante, insolita e sorprendente è che non sta più formando stelle, forse perché ha smesso di essere alimentata, o il suo buco nero ha iniziato ad accendersi. I nostri risultati richiedono cambiamenti nel modo in cui i modelli disattivano la formazione stellare nelle prime galassie».

Mostruosa galassia nell’universo primordiale

«Abbiamo catturato Xmm-2599 nella sua fase inattiva», spiega Wilson. «Non sappiamo in cosa si sia trasformata oggi. Sappiamo che non può perdere massa. Una domanda interessante è cosa sia successo intorno a essa. Col passare del tempo, potrebbe essere stata in grado di attrarre gravitazionalmente le galassie vicine e formare una luminosa metropoli di galassie?». Il coautore Michael Cooper, della Uc Irvine, ritiene che questa potrebbe essere una prospettiva molto probabile: «Forse durante i successivi 11.7 miliardi di anni di storia cosmica, Xmm-2599 diventerà il membro centrale di uno dei più brillanti e massicci ammassi di galassie nell’universo locale. In alternativa, potrebbe continuare ad esistere per i fatti suoi. Oppure potremmo avere uno scenario che sarà una via di mezzo tra questi due scenari estremi».
I risultati dello studio sono appena stati pubblicati su The Astrophysical Journal, in un articolo di cui sono co-autori anche Francesco La Barbera dell’Inaf di Napoli, Mario Nonino dell’Inaf di Trieste e Paolo Saracco dell’Inaf di Brera. «La formazione ed evoluzione delle galassie è un argomento di studio fondamentale nell’astrofisica», spiegano i tre astrofisici a Media Inaf, «sia dal punto di vista osservativo che da quello teorico, con i diversi modelli proposti (collasso monolitico vs modello gerarchico). La scoperta di Xmm-2599 rappresenta una sfida eccitante, date le straordinarie proprietà di questa galassia dedotte dalle osservazioni, quali la massa stellare (300 miliardi di masse solari, circa cinque volte la massa stellare della nostra galassia), la quasi totale assenza di formazione stellare e, soprattutto, la sua esistenza in un’epoca alla quale l’universo aveva solo una frazione dell’età attuale».
«Le osservazioni suggeriscono che l’intervallo di tempo di formazione di Xmm-2599, inteso come il tempo trascorso fra la formazione delle prime stelle dal gas preesistente, al momento in cui la formazione stellare è cessata quasi del tutto, sia ancor più breve (inferiore a 1 miliardo di anni)», continuano La Barbera, Nonino e Saaracco. «Ciò implica un tasso di formazione stellare davvero elevato, con picchi corrispondenti a più di mille soli per anno (per confronto, la nostra galassia ha un tasso stimato di 1.5-1.7 soli per anno). Resta quindi da capire quale sia il processo – o i processi – fisico che ha interrotto in maniera repentina la formazione stellare in un oggetto cosi massivo come Xmm-2599. Ciò è senz’altro di grande interesse per tutti coloro che studiano modelli di formazione delle galassie, in particolare quelle di più grande massa, simili a Xmm-2599. I modelli attuali riescono a riprodurre in parte questi oggetti, ma ci sono indicazioni che la densità di oggetti così peculiari sia maggiore di quella prevista».
«Dal punto di vista osservativo», concludono i tre, «si tratta di trovare quali potrebbero essere i progenitori di galassie come Xmm-2599: i candidati più verosimili sono le galassie con alto tasso di formazione stellare con una notevole quantità di polveri, alla cui caratterizzazione e scoperta sta contribuendo in maniera determinante Alma. Un contributo importante è inoltre atteso da Euclid, in cui Inaf è fortemente coinvolto, dato che per scoprire e studiare oggetti molto rari come Xmm-2599 è fondamentale osservare nelle bande infrarosse su ampie zone di cielo. Gli eccellenti dati di Euclid dovrebbero fornire un campione significativo di oggetti simili a Xmm-2599, contribuendo a chiarire in maniera determinante i processi che hanno portato alla formazione di simili “mostri” quando l’universo era ancora estremamente giovane».
Di: Maura Sandri
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