Elisir, magie, droghe, farmaci. L’umanità fra cura e delitto
«Veleni e magiche pozioni» è un percorso dal Neolitico a oggi. Con le giuste dosi di arte, letteratura e superstizione
Il punto di equilibrio è la dose: ciò che distingue il veleno dal medicamento non è l’essenza, ma la quantità. Lo insegnava nel ‘500 Paracelso, medico e alchimista, svizzero ma laureatosi non distante da qui, all’Università di Ferrara.
E già Omero parlava di pharmakon, il preparato che può essere malefico o sanificante. Nello stesso elemento stanno la malattia e l’antidoto.
Due poli opposti, la dose terapeutica e quella tossica, un arco cronologico compreso fra 14mila anni before present, quando l’uomo del Neolitico alleviava il mal di denti con la propoli, fino alla letteratura postmoderna dei veleni, dalla prima edizione del Nome della rosa, dove il venerabile Jorge di Burgos avvelena le pagine del secondo libro della Poetica di Aristotele, alla saga di Harry Potter, in cui compare un basilisco, animale fantastico le cui zanne sono il veicolo di un potente veleno che ha, come unico antidoto, le lacrime della fenice… È solo questione di dosi: tenuto conto degli spazi (la grande Sala delle Colonne) e dei pezzi (300 fra reperti, codici, tele, stampe, erbari, manifesti, animali tassidermizzati…), quale è l’equilibro perfetto tra mito, folklore, archeologia, storia, arte, medicina, letteratura?
qui, a Este, 45 minuti da Padova, cuore della civiltà dei Veneti antichi e dentro il modernissimo museo nazionale Atestino, alla mostra «Veleni e magiche pozioni. Grandi storie di cure e di delitti» che apre oggi (fino al 2 febbraio 2020) per raccontare a chilometro zero – è l’idea del sindaco Roberta Gallana: «Tutto il materiale prestato arriva da collezioni del Nord Italia, da Portogruaro a Milano» – una storia millenaria e universale: quella dei veleni e della farmacopea, da sempre dannazione e conforto dell’uomo. Risalgono al Neolitico le prime evidenze dell’uso dell’oppio nell’Europa continentale. E ultimamente la pratica dell’avvelenamento – di presidenti ucraini, dissidenti, spie russe e miliardari cinesi – è un utilizzatissimo strumento molto poco diplomatico ma efficace della geopolitica. Un tempo era l’arsenico, oggi il polonio.
Un tempo (ecco i grumi di sostanze organiche ritrovate fra le offerte votive, nel Paleolitico, e le pietre calcaree dipinte con la polvere rossa) l’ampio uso dell’ocra dipendeva anche dalle sue proprietà antisettiche. E oggi sono molti i farmaci i cui principi attivi vengono estratti da veleni di origine animale, vegetale e minerale. Studiando i quali (forse) si può spiegare scientificamente la nascita di miti e leggende. Chissà, magari alla Principessa apparve il Principe azzurro perché baciò un rospo Bufo, le cui secrezioni hanno effetti allucinogeni. Ed è facile che i metallurghi dell’antichità – Efesto, Polifemo… – fossero ciechi o deformi perché sottoposti ai fumi velenosi emessi dalla fusione dei metalli. Del resto si dice che le streghe, contro le quali si scatenò una caccia sanguinosa in Europa tra Basso Medioevo e ‘500, altro non fossero che povere donne abituate a cibarsi di farine di graminacee infestate da segale cornuta, un fungo ricco di alcaloidi con effetti allucinogeni. Intossicazioni scambiate per possessioni demoniache…
Mandragla, Femmes fatales e Belladonna. C’è di tutto dentro e attorno alla storia dei veleni. E c’è moltissimo lungo il percorso della mostra, curata da Federica Gonzato, archeologa, e da Chiara Beatrice Vicentini, docente di Storia della Farmacia a Ferrara. Ci sono le brocchette dell’età del bronzo che viaggiavano per il Mediterraneo con dentro tracce di oppio. C’è una placchetta di ambra rossa, proveniente da Aquileia, che raffigura Hypnos, con in mano il papavero: simbolo del sonno. C’è il corredo funebre della celebre Tomba del Medico, del I sec. d.C., con strumenti chirurgici, ambra e balsami. Ci sono gemme magiche e le teste di Medusa, creatura che pietrifica chi la guarda ma che insieme, effigiata sugli scudi, protegge Atena. Ci sono le donne avvelenate, morse da serpenti (La morte di Cleopatra, dipinto de 1660 di Sebastiano Mazzoni) e medici avvelenatori: fu volontaria o accidentale la dose fatale di digitale, velenosissima pianta erbacea che ha dato vita in tempi moderni a farmaci del cuore, somministrata nel 1329 a Cangrande della Scala e ritrovata grazie a esami recenti nel suo fegato?
E si va avanti così nei secoli, fra teche e parenti: volumi di magia bianca e magia nera, manuali di chimica del ‘700, farmacie portatili, confezioni storiche di veleni e farmaci, affiches che pubblicizzano unguenti e medicamenti portentosi… Come il Litiosal, ancora venduto ai primi del ‘900 come stimolante, a base di radiolitina. Slogan: «Alzati e cammina!». E comunque, lì accanto ci sono anche invitanti fialette di Strychnal, ottime per la depressione nervosa, grazie alla stricnina. Alcaloide del quale, peraltro, i personaggi dei romanzi di Agatha Christie facevano altro uso.
di: Luigi Mascheroni
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