Così con le “sirene cosmologiche” ascoltiamo …

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Così con le “sirene cosmologiche” ascoltiamo l’evolversi dell’Universo

L’Universo, lo spazio-tempo e le lunghezze d’onda della luce: le galassie si stanno allontanando (senza cambiare coordinate)
La distanza tra le galassie aumenta, l’Universo si sta “espandendo”, eppure lo fa senza occupare altro spazio. Nelle scorse settimane abbiamo cercato di comprendere questi concetti così lontani dalla nostra esperienza. E lo abbiamo fatto utilizzando alcuni esempi. Abbiamo immaginato l’Universo come una stanza (leggi qui) le cui pareti, pur senza spostarsi, si allontanano l’una dall’altra perché aumentano le tacche sul metro che usiamo per misurare la distanza tra di esse (abbiamo detto che il metro si “restringe”); oppure come il pane alle olive che lievita e in cui le olive si allontanano al crescere dell’impasto.

Così con le sirene cosmologiche ascoltiamo l’evolversi dell’Universo

Gli esempi sono solo esempi, e non spiegano tutto perfettamente. Eppure queste analogie condividono uno stesso messaggio di fondo: le galassie non si allontanano perché si spostano nello spazio, ma con lo spazio.
infatti lo spazio-tempo stesso, con la sua metrica, il vero protagonista di questo cambiamento: è la metrica che – sotto l’effetto della presenza di massa ed energia nell’Universo – si modifica, facendo in modo che le galassie, senza cambiare coordinate, diventino più distanti.
Capiamo che l’argomento non è così semplice da digerire. Vorremmo allora rispondere a tre quesiti che ci avete posto, nella speranza di chiarire alcuni dubbi.
1) La scorsa settimana ci eravamo lasciati con una domanda: se lo spazio-tempo si modifica, cosa succede alla velocità della luce? In un articolo, infatti, vi avevamo spiegato che la velocità della luce è sempre costante (leggi qui). E sappiamo inoltre che il metro che usiamo per misurare la distanza tra le galassie è “l’anno-luce”. Vi siete chiesti: se il metro cosmico si restringe, allora vuol dire che la luce percorre meno spazio in un anno col passare del tempo? La risposta è “no”: la luce percorre sempre 300 mila km al secondo, ma deve percorrere più km perché le tacchette del nostro metro stanno aumentando. Quindi la luce ci metterà più tempo per andare da una galassia all’altra, coerentemente col fatto che le galassie si stanno allontanando.

Così con le sirene cosmologiche ascoltiamo l’evolversi dell’Universo

2) Qualcuno di voi si è poi chiesto: se è solo la metrica che cambia, perché si sente sempre dire che l’Universo 14 miliardi di anni fa era delle dimensioni di un protone, se non di meno? (Lo abbiamo detto anche noi in questo articolo). Nei primi istanti dopo il Big Bang tutte le distanze all’interno dell’Universo erano quasi zero, e quindi anche il volume dell’Universo. Questo perché il fattore di scala a(t) che abbiamo introdotto la settimana scorsa -leggi qui- decresce andando indietro nel tempo fino a tendere a zero (il Big Bang). Col tempo, il metro dell’Universo si è infittito facendo aumentare le distanze. Il volume è quindi cresciuto, dando la possibilità a stelle, galassie e pianeti di formarsi.
3- Infine, il terzo quesito: se la metrica dell’Universo cambia, vuol dire che anche le distanze qui sulla terra si modificano? In realtà nei precedenti articoli abbiamo specificato che è la metrica cosmologica a cambiare nel tempo. Parliamo cioè solo della metrica risultato della relatività generale quando si studia l’Universo su larga scala. In questi regimi, risulta essere un’ottima approssimazione considerare tutta la materia dell’Universo come distribuita in maniera uniforme nell’Universo. Come quando per studiare come cambia la temperatura dell’acqua possiamo dimenticarci delle singole molecole di H20, e considerare l’acqua come un fluido omogeneo, così nello studio della cosmologia possiamo dimenticarci dei singoli ammassi di galassie, e considerare l’Universo un “fluido” cosmologico.

Così con le sirene cosmologiche ascoltiamo l’evolversi dell’Universo

Come ha ben detto uno di voi lettori, invece, quando vogliamo studiare un sistema a livello più locale, come per esempio all’interno di una galassia, dobbiamo tenere in conto le precise masse delle stelle, dei pianeti, e così via. Quindi la metrica locale è completamente diversa. Qui sulla Terra, come abbiamo anche detto nell’articolo precedente (leggi qui), la metrica che funziona benissimo è quella euclidea a cui siamo abituati. Ed è una metrica statica, ovvero non cambia: non diventiamo più larghi o più bassi col tempo, e la distanza tra Roma e Milano rimane sempre la stessa. È per questo che è solo guardando oggetti molto lontani da noi, come altre galassie, che abbiamo scoperto che “l’Universo si espande”.
Dopo tanta teoria, crediamo sia giusto chiudere questa miniserie di articoli sull’Universo dandovi alcuni dettagli su come gli astronomi hanno effettivamente osservato che le galassie si stanno allontanando. La tecnica utilizzata è concettualmente abbastanza semplice, e sfrutta un fenomeno simile all’effetto Doppler di cui tutti abbiamo sentito parlare. Quando sentiamo la sirena di un’ambulanza nelle vicinanze, dal suono che percepiamo siamo in grado di capire se il mezzo si sta avvicinando o allontanando da noi. Eppure una sirena emette un segnale, un’onda sonora, che è sempre la stessa, caratterizzato da una precisa lunghezza d’onda. Quando l’ambulanza è in avvicinamento, l’onda si comprime, e la lunghezza d’onda diminuisce facendoci percepire un suono più acuto. Viceversa, una volta che l’ambulanza si sta allontanando, l’onda si dilata, la lunghezza d’onda aumenta e noi percepiamo un suono più grave. Questo è l’effetto Doppler e si applica a tutti i tipi di onda, comprese le onde luminose.
Gli astronomi utilizzano un effetto molto simile. Proprio come noi conosciamo il suono della sirena, loro conoscono con sufficiente precisione le lunghezze d’onda della luce emessa da tipi particolari di stelle, dette Supernovae di tipo I. Queste stelle, dette “sirene standard cosmologiche”, le osserviamo all’interno di molte galassie. Immaginiamo di essere un astronomo e di trovarci sulla terra con un telescopio puntato su una Supernova di tipo I all’interno di un’altra galassia. Questa sirena cosmologica emetterà luce alle lunghezze d’onda che noi conosciamo precisamente. A rigor di logica il telescopio dovrebbe registrare quelle lunghezze d’onda, e invece le misura più lunghe rispetto a quelle emesse. Conoscendo l’effetto Doppler, i primi astronomi pensarono che le galassie si stessero muovendo nello spazio allontanandosi da noi, facendo così dilatare la lunghezza dell’onda della luce. Per questo coniarono il termine “espansione” dell’Universo. Tuttavia, un’analisi più dettagliata ha mostrato che il semplice effetto doppler non riesce a spiegare i dati, che sono invece perfettamente spiegati dal cambiamento della metrica dello spazio-tempo, e quindi delle distanze, predetto dalla relatività generale.
Di: Tommaso De Lorenzo e Marisa Saggio
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