I tremori dell’era Apollo rivelano una Luna …

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I tremori dell’era Apollo rivelano una Luna dinamica e attiva

I terremoti lunari continuano a scuotere e rimodellare la superficie del nostro satellite naturale in modi che potrebbero rappresentare una minaccia per futuri astronauti e insediamenti.
Il 12 dicembre 1972, Gene Cernan parcheggiò la sua moon buggy nella parte sud orientale del Mare della Serenità, in una valle chiamata Taurus-Littrow. In lontananza si profilava una collina grigia chiamata Massiccio Nord. Verso occidente c’era una ripida scarpata, soprannominata Scarpata Lee-Lincoln: si trattava di una frana, che formava una sorta di muretto attraverso la valle, come un’escrescenza sul terreno lunare. Cernan e il suo vicino di posto sulla moon buggy, il collega astronauta Harrison “Jack” Schmitt, guardarono e scattarono alcune foto.
“Ehi, guarda, la scarpata piega da un lato”, disse Schmitt, che era geologo. “C’è un netto cambiamento nella sua struttura. Guarda oltre [il cratere di] Hannover”.
“Oh, accipicchia; è vero, capisco di cosa stai parlando. Sembra che la scarpata ricopra il Massiccio Nord, vero?”. disse Cernan. “Sì,” disse Schmitt. Riferì a Houston quello che aveva visto: “Si ha l’impressione che dove si incontrano la scarpata e il Massiccio Nord, la scarpata sia più liscia, meno craterizzata e certamente meno lineare. Non sarei molto sorpreso se, come dice Gene, fosse più giovane”.
Schmitt intendeva dire che la scarpata si era formata dopo l’innalzamento della montagna. In altre parole, qualcosa muoveva la montagna. Qualcosa nelle profondità della Luna si era mosso e la sua superficie si era spostata.

l comandante della missione Apollo 17 Eugene Cernan sulla moon buggy (NASAHarrison Schmitt)

Questo forse era accaduto decine di milioni di anni prima, ma in altri luoghi della Luna sta accadendo ora. Per la prima volta, gli scienziati hanno collegato i dati sismici al mutevole paesaggio lunare, dimostrando che la Luna è tettonicamente attiva oggi e quindi sta “costruendo” nuovi affioramenti e smuovendo massi. Secondo un nuovo studio pubblicato
su “Nature Geoscience”, periodici terremoti lunari lungo una rete di faglie hanno abbastanza energia da far tremare un astronauta che cammini sulla sua superficie, e da scuotere le fondamenta di qualsiasi futura dimora.
“Se si è interessati a un avamposto e si pensa di restarci un po’ di tempo, bisogna sapere se si è troppo vicini a una di queste reti di faglie, che possono scuotere la struttura”, dice Tom Watters, geofisico del National Air and Space Museum della Smithsonian Institution.
I terremoti lunari, rivisitati
Durante l’era Apollo, gli strumenti sismici lasciati da Cernan, Schmitt e dai loro predecessori mostrarono che la Luna subiva delle scosse occasionali di terremoto, legate per lo più al raffreddamento interno e alle forze di marea prodotte dal campo gravitazionale terrestre. Quei terremoti avvenivano principalmente nelle profondità della Luna, e non erano abbastanza potenti da provocare cambiamenti sulla superficie.
Quando, nel 2009, il Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO) della NASA iniziò a scattare immagini ad alta risoluzione, gli scienziati si resero conto che la Luna aveva numerose scarpate simili alla Lee-Lincoln, tra cui varie di soli pochi metri. Queste ultime sono formazioni piuttosto piccole, simili a una scogliera, e quasi impossibili da vedere dall’orbita, dice Watters: solo le telecamere ad alta risoluzione di LRO sono in grado di distinguerle.
“Si possono pensare come i gradini di una scala se ci state salendo”, dice Watters. “E’ impossibile non accorgersene se ci sei sopra, ma se non hai la giusta risoluzione e le giuste condizioni di illuminazione non la vedrai proprio”.
Con le immagini ad alta risoluzione di LRO, gli scienziati hanno iniziato ad analizzare numerose scarpate e a contarne i crateri, per capire approssimativamente l’età di ognuna. Nel 2012, Watters ha scoperto che le scarpate, con le loro strutture – lunghe e sottili valli chiamate grabens – sono di formazione recente, e risalgono forse a 50 milioni di anni fa.
“Eravamo tutti convinti che fossero davvero giovani. E questo apriva le porte all’affascinante possibilità che fossero ancora attive e che, forse, queste faglie potessero indicare un’attività tettonica attuale sulla Luna”, dice Watters. “Ma per quanto riguarda l’età non eravamo in grado di sapere se eravamo sulla strada giusta. E non c’era modo di collegare i terremoti lunari alle mutevoli caratteristiche della superficie”.
L’attività tettonica sulla Luna – e su Marte, se è per questo – non è uguale a quella della Terra. Il nostro pianeta ha una tettonica a placche, in cui la crosta incrinata della Terra si immerge, fonde e si ricicla. Le collisioni ai confini delle placche terrestri sono la causa principale dei terremoti, dei vulcani e dell’allargamento dei fondali marini. La Luna e Marte non hanno placche mobili, quindi i tremori interni sono il risultato del calore interno. Nel caso della Luna, le scosse avvengono perché perde il suo calore primordiale – letteralmente, il calore che risale alla sua creazione – e mentre si raffredda si contrae.
Le quattro stazioni sismiche dell’Apollo, che hanno operato dal 1969 al 1977, hanno contato diverse scosse profonde e solo 28 meno profonde, alcune delle quali equivalenti a scosse di magnitudo 5 circa della scala Richter. Renee Weber, sismologa al Marshall Space Flight Center della NASA, dice che le scosse superficiali sono abbastanza simili a quelle che si verificano sulla Terra.
Una volta che le immagini di LRO hanno mostrato scarpate multiple – più cumuli di roccia, frane e altre caratteristiche che suggeriscono che la Luna stia tremando – lei e i colleghi hanno deciso di tornare a esaminare le registrazioni della missione Apollo, cercando di collegare specifici terremoti a strutture sulla sua faccia.
Il team ha dovuto eseguire una complicata serie di calcoli e simulazioni, in parte perché i dati dell’Apollo sono piuttosto difficili da usare. Il programma Apollo è stato infatti il primo caso in cui si è tentato di digitalizzare i dati sismologici, dice la Weber. Inoltre, la friabile regolite lunare smorza le onde sismiche, rendendo più difficile risalire alla loro origine.

Nel dicembre del 1972, gli astronauti dell’Apollo 17 Eugene Cernan e Harrison Schmitt trascorsero circa 75 ore sulla Luna nella valle di Taurus-Littrow

Dopo diversi anni di analisi, il team è stato in grado di determinare gli epicentri di otto terremoti lunari registrati delle missioni Apollo e di collegarli a specifici difetti osservati con LRO. Sono stati anche in grado di correlarli alla posizione orbitale della Luna intorno alla Terra, scoprendo che si verificano più scosse lunari durante l’apogeo, quando la Luna è più lontana e la forza di attrazione gravitazionale della Terra diminuisce.
Mentre i dati sismici raccolti dalle missioni Apollo mostravano che la Luna tremava e si scuoteva, le telecamere di LRO sono state necessarie per mostrare come questo tumulto interno stava alterando la superficie, dice Patrick McGovern, planetologo al Lunar and Planetary Institute di Houston, che non è stato coinvolto nello studio.
“Prima di disporre di uno strumento come LRO, non c’era modo di capire la maniera esatta in cui si stava manifestando il fenomeno. Grazie a LRO possiamo vedere tutte queste scarpate di faglia, e collegarle questi dati a quelli degli anni settanta per dire quanta attività c’è e come si distribuisce”, dice. “Era come se prima avessimo metà del quadro, e ora il quadro intero.”
Sismologia interplanetaria
Le scosse avvengono perché la Luna si contrae mentre si raffredda, dicono Watters e Weber. Immaginate un frutto troppo maturo: Mentre l’interno si restringe e si asciuga, la buccia si increspa e si abbassa.
“Quando si ha una superficie solida e fragile e si irradia calore, il pianeta si restringerà. Raffreddandosi, le cose si restringono”, dice la Weber. “La superficie raggrinzisce, come un chicco d’uva che si trasforma in uva passa. L’area della buccia non cambia, ma si avvolge e si ripiega su se stessa.” In altre parole, la Scarpata Lee-Lincoln tutta scrostata intravista da Cernan e Schmitt (e più tardi da LRO) è una buccia d’uva rugosa, il risultato di una di queste faglie.
Tracciando il grafico di questi e altri recenti terremoti lunari si potrebbe fare più luce sulla storia e la struttura del satellite, dice Francis Nimmo, geofisico all’Università della California a Santa Cruz, che non è stato coinvolto nelle nuove ricerche. Potrebbe anche essere d’aiuto agli scienziati che cercano di capire le origini dei tremori che avvengono altrove, in particolare su Marte.
L’analisi dei terremoti lunari arriva proprio quando gli scienziati stanno scaricando le prime serie di dati dal lander InSight sul Pianeta Rosso, una missione sismologica con il compito di sondare l’interno profondo di quel mondo. Finora, Marte sembra un po’ meno sismico di quanto ci si aspettasse. “Una delle grandi differenze tra la Luna e Marte è che le maree sulla Luna sono più intense. Il fatto che la Luna sia sismicamente attiva può avere molto a che fare con il fatto che viene schiacciata e allungata da queste maree”, dice Nimmo.
La Weber, che è una ricercatrice del team di InSight, spera che in futuro missioni robotiche o con equipaggio possano dispiegare una rete sismica più ampia per un monitoraggio a lungo termine. Una rete di questo tipo potrebbe garantire la sicurezza di tutti gli astronauti che seguono le orme di Cernan e Schmitt, secondo McGovern.
“Potrebbe non esserci nulla di preoccupante, ma potrebbe rivelare che alcuni luoghi sono più sicuri di altri”, dice McGovern. Forse Taurus-Littrow e la Scarpata Lee-Lincoln non sarebbe il posto migliore da visitare di nuovo.
Il 13 dicembre 1972, il giorno dopo aver studiato la scarpata, Cernan e Schmitt parcheggiarono più vicino alla base del Massiccio Nord. Arrivati alla Stazione geologica 6, i due si arrampicarono, sbucando vicino a un grande masso grigio, che si era spezzato a metà rotolando giù dal Massiccio. Troneggiava su Schmitt.
“Ehi”, disse a Cernan. “Sono su una pista di macigni. Che ne pensi?”. “Penso che verrò a prelevare dei campioni”, rispose Cernan. E dopo un po’ aggiunse: “Tu pensa a come sarebbe stato se ti fossi trovato lì prima che arrivasse quel masso”. “Preferirei di no”, rispose Schmitt.
Secondo le successive analisi geochimiche, quel particolare masso era arrivato lì circa 22 milioni di anni fa. Ma lo studio di Watters dimostra che altri massi come quello potrebbero cadere domani, o in qualsiasi momento, scossi dalle agitazioni interiori di un mondo ancora attivo, e in un certo senso ancora vivo.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 13 maggio 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze.)
di: Rebecca Boyle / Scientific American
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