La vita che fiorisce sul fondo degli oceani

1108
0
Share:

La vita che fiorisce sul fondo degli oceani

Riftia pachyptila, conosciuto anche come verme tubo gigante (Credit NOAA Okeanos Explorer Program, Galapagos Rift Expedition 2011)

Le sorgenti calde sul fondo dell’oceano, ricche di vita animale, sono state scoperte per la prima volta 40 anni fa. Da allora, le conoscenze su come fa la vita a prosperare in condizioni così estreme – e quindi forse anche su altri pianeti – si sono moltiplicate, ma c’è ancora molto da scoprire. E all’orizzonte ci sono progetti di sfruttamento commerciale delle risorse di quegli ecosistemi.
Sono passati quattro decenni da quando Corliss e colleghi descrissero su “Science” i fluttuanti ammassi di vermi tubo giganti, lunghi un metro, scoperti nei pressi delle sorgenti calde sul fondo dell’oceano. Fino a quel momento, il fondo oceanico era ritenuto più simile a un deserto che a un’oasi.
Corliss e colleghi non scoprirono per caso le sorgenti calde sottomarine; in effetti, stavano cercando verificare l’ipotesi della loro esistenza.
Le teorie sui movimenti delle placche tettoniche avevano aperto la strada a quella scoperta suggerendo che le catene di rilievi che cingono il globo sul fondo dell’oceano, definite come centri di espansione, fossero siti vulcanici ai margini delle placche tettoniche.
Un indizio cruciale dell’esistenza delle sorgenti termali sottomarine era il flusso di calore conduttivo inaspettatamente basso nella crosta oceanica. Un flusso convettivo di calore attraverso le sorgenti calde poteva risolvere l’enigma di questo calore mancante. Le anomalie dell’acqua ad alta temperatura documentate sopra di un centro di espansione chiamato dorsale delle Galapagos guidarono Corliss e colleghi al sito in cui scoprirono le sorgenti termali sottomarine (dette anche camini, o fumarole, idrotermali).
Trovare queste sorgenti termali fu già di per sé una scoperta incredibile. Ma ciò che veramente sconvolse la scienza del mare profondo furono le inaspettate oasi di vita bagnate da quelle acque tiepide. Durante l’immersione nel sommergibile Alvin che portò alla scoperta, il geologo Jack Corliss chiamò l’equipaggio della nave di appoggio a 2,5 chilometri più in sù e chiese: “L’oceano profondo non dovrebbe essere come un deserto?” “Sì”, fu la risposta. “Beh, ci sono un sacco di animali quaggiù”.
Quel breve scambio segnò quella che fu probabilmente la più grande scoperta nell’oceanografia biologica fino a ora, e che fu fatta da un gruppo di geologi e geochimici. Nel loro articolo, gli autori sottolinearono profeticamente: “Queste fragili comunità offrono un’opportunità unica per una vasta gamma di studi zoologici, batteriologici, ecologici e biochimici”. Che cosa è scaturito da quegli studi?

Mappa globale dei camini idrotermali oceanici (Savant-fouNOAAWikimedia Commons)

Non ci volle molto prima che i biologi scoprissero quanto si fossero adattati efficacemente al loro ambiente i vermi tubo giganti. In quella profonda oscurità, generare energia cellulare con la fotosintesi non è un’opzione valida. E poiché il materiale organico prodotto sulla superficie dell’oceano perde gran parte del suo valore nutrizionale quando raggiunge il fondo del mare profondo, non fornisce una fonte di energia adatta a sostenere dense popolazioni di grandi organismi.
Invece, gli abitanti delle sorgenti calde che vivono in acqua ad alta temperatura arricchita di solfuro di idrogeno e altri composti inorganici chimicamente ridotti (come il metano) beneficiano di batteri simbiotici o liberi che generano energia con la chemiosintesi, cioè l’ossidazione chimica di quei composti ridotti.
Poco dopo le prime scoperte nel sito delle Galapagos, in un altro sito oceanico fu scoperto un altro tipo di sorgente termale chiamato camino nero, che emette fluidi idrotermali ricchi di metalli.
Gli ecosistemi delle sorgenti calde ora sono stati scoperti nei centri di espansione del fondale marino in tutto il mondo. Esistono circa mille o più oasi sottomarine, adagiate come minuscole perle lungo i centri di espansione. Per quanto numerosi, sono un habitat raro, se si calcola l’area totale che occupano: tutti insieme, potrebbero stare nell’isola di Manhattan, e rimarrebbe ancora dello spazio libero.
Sono anche habitat effimeri, che durano per anni o decenni, o forse secoli, a seconda delle condizioni geologiche. Questo solleva la questione di come si mantengono le popolazioni di invertebrati e di quale sia la natura delle barriere biogeografiche tra popolazioni nelle sorgenti termali. I cicli vitali di quasi tutti gli invertebrati che vivono nelle sorgenti termali sottomarine comprendono uno stadio larvale diffuso nella colonna d’acqua. L’ecologia larvale, la connettività di popolazione, nonché le barriere oceanografiche e le rotte di trasporto sono temi chiave della ricerca attuale.
Nelle sorgenti termali dei diversi centri di espansione si trovano tipi differenti di specie. E alcuni centri di espansione nell’emisfero australe e nell’Artide sono ancora da esplorare, aumentando la possibilità che vi si trovino tipi di rapporti e di adattamenti tra batteri e invertebrati prima sconosciuti.
Specie sorprendenti e strabilianti adattamenti biologici continuano a venire alla luce. I vermi di Pompei (Alvinella pompejana) vivono a temperature fino a 42 °C. Queste sono tra le temperature più estreme sopportate da qualsiasi animale multicellulare sulla Terra. I vermi ci sfidano a capire in che modo le proteine nell’organismo degli animali siano protette dalla fusione. I microrganismi chiamati Archaea possono vivere a 121 °C: sono le condizioni di vita più calde conosciute sulla Terra. I gamberetti “ciechi” (Rimicaris exoculata) mostrano “occhi” altamente modificati che si ritiene possano rilevare variazioni di luce fioca emessa dai fluidi a 350 °C dei camini neri, aiutandoli a evitare di essere “cotti” dal calore. I granchi Yeti (Kiwa tyleri) hanno artigli e zampe pelosi che consentono loro di “allevare” i batteri di cui si nutrono. Le lumache della specie Chrysomallon squamiferum strisciano su “piedi” protetti da scaglie metalliche di un tipo che non si trova in altri molluschi viventi o fossili e offrono ispirazione per la progettazione di materiali per le armature.
L’importanza della chemiosintesi microbica nei pressi delle sorgenti termali ci spinge anche a ripensare le nostre idee sulle condizioni estreme a cui può adattarsi la vita, sul’origine della vita su questo pianeta e anche sul potenziale della vita altrove nell’universo.

Camini idrotermali sul fondo oceanico nella zona delle Isole Marianne, nell’Oceano Pacifico (Credit NOAA Expedition & Research)

Le missioni della NASA verso Marte degli anni Settanta erano alla ricerca di prove della presenza di vita basata sull’energia della luce solare; ora le missioni planetarie prendono in considerazione anche la possibilità di una vita alimentata dall’energia chimica. Gli astrobiologi studiano le sorgenti calde sottomarine per gettare uno sguardo a condizioni che potrebbero essere simili a quelle della Terra primordiale e considerano le sorgenti calde oceaniche dei possibili analoghi di ambienti sottomarini alieni su mondi oceanici al di là del nostro pianeta.
Gli incentivi scientifici dell’esplorazione delle sorgenti termali vanno di pari passo con gli incentivi ingegneristici a progettare e costruire veicoli sempre più capaci di raggiungere il fondo marino in modo preciso e affidabile. Prima sono arrivati i veicoli comandati a distanza, e seguiti ben presto da veicoli subacquei autonomi, preprogrammati per scivolare sul fondo del mare come droni, con un carico di strumenti che mappano il fondale marino e rilevano le proprietà dell’acqua. Lo sviluppo di cavi che trasmettono dati video consente di trasmettere queste immagini in tempo reale in tutto il mondo su siti Web accessibili gratuitamente (come NautilusLive e Ocean Networks Canada).
L’ultima generazione di veicoli per le profondità marine in fase di sviluppo sta sta trasformando l’uso per la scoperta e la ricerca scientifica in un ruolo commerciale. Sono stati progettati, costruiti e testati mole, frese e campionatori di dimensioni gigantesche per l’estrazione di depositi di solfuro sul fondo marino prodotti dall’attività idrotermale. Una società canadese si è assicurata le concessioni per effettuare estrazioni di di rame, oro e argento nelle sorgenti calde del Mare di Bismarck, anche se finora non ci sono attività di estrazione commerciale di giacimenti di solfuro dai depositi marini.
Molte nazioni hanno messo sotto protezione gli ecosistemi delle sorgenti calde nei loro territori, ma il destino degli ecosistemi che si trovano in aree al di fuori dei confini nazionali è nelle mani dell’International Seabed Authority, che attualmente sta rivedendo il proprio codice minerario. L’attenzione potrebbe spostarsi dall’estrazione presso le sorgenti termali attive, che rischia di distruggere le specie associate, allo sfruttamento dei solfuri in luoghi senza segni visibili di flusso di fluido idrotermale o organismi dipendenti dai camini, ma questa conclusione non è ancora garantita. Le azioni che saranno intraprese nel prossimo futuro determineranno se la frontiera della scoperta a sorgenti termali aperta da Corliss e colleghi 40 anni fa passerà dall’esplorazione allo sfruttamento.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su Nature il 4 marzo 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze)
di Cindy Lee Van Dove/Nature
Fonte:

Share:

Leave a reply