Einstein, svelati 110 manoscritti inediti …

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Einstein, svelati 110 manoscritti inediti del fisico e premio Nobel

L’Università ebraica di Gerusalemme divulga 110 documenti scritti da Einstein, fra cui dimostrazioni matematiche e lettere personali. C’è anche una lettera in cui esprime preoccupazione per l’ascesa al potere del partito nazista
L’icona mondiale Albert Einstein ritorna alla ribalta della cronaca e dell’attualità scientifica. In occasione del 140esimo anniversario dalla sua nascita, sono appena stati svelati 110 manoscritti, del tutto inediti, fra cui pagine e pagine di dimostrazioni matematiche, ma anche lettere personali su questioni familiari e considerazioni sulla situazione politica. I documenti sono appena stati divulgati dall’Università ebraica di Gerusalemme, che rende nota la loro presenza attraverso una dichiarazione ufficiale (qui tradotta in inglese). Questa università è stata fondata proprio da Einstein, che vi ha lasciato in eredità i suoi archivi, una collezione pubblica di più di 82mila articoli – una quantità di materiale che la rende fra le più estese al mondo.
I 110 manoscritti sono composti da vari documenti. In particolare ci sono 84 fogli che contengono dimostrazioni matematiche scritte dal 1944 al 1948. C’è anche un’appendice, mai vista né studiata da nessun ricercatore, al suo articolo del 1930 sulla teoria dell’unificazione, presentata all’accademia delle scienze prussiana.
In questo lavoro sull’unificazione delle forze, di cui Einstein si occuperà per 30 anni, lo scienziato cerca di unificare tutte le interazioni (le forze) fondamentali presenti in natura in un’unica teoria.
L’idea è quella di voler congiungere la relatività generale con l’elettromagnetismo. Vicine a questa prima formulazione di Einstein sono la teoria del tutto e la teoria della grande unificazione: tuttora fisici di tutto il mondo – un altro grande esempio è stato rappresentato da Stephen Hawking – studiano la possibilità di riunire tutte le forze in un’unica teoria.
Fra i manoscritti resi noti, poi, una lettera inviata nel 1935 da Einstein al figlio Hans Albert, che si trovava in Svizzera, in cui il padre esprime preoccupazione rispetto al deterioramento della situazione politica europea e all’ascesa al potere del partito nazista. “Ho letto con una certa apprensione che in Svizzera c’è un bel movimento, istigato dai banditi tedeschi – si legge nella lettera – ma credo che anche in Germania le cose stiano lentamente cominciando a cambiare. Speriamo soltanto di non avere prima una guerra in Europa… Il resto dell’Europa sta finalmente iniziando a prendere sul serio la cosa, specialmente gli inglesi, se vi fossero arrivati un anno e mezzo fa, sarebbe stato meglio e più facile”.
Oltre al messaggio per il figlio, nella nuova collezione sono presenti quattro lettere all’amico di lunga data nonché collega Michele Besso, ingegnere svizzero di origine italiana, che ha lavorato nell’ufficio brevetti di Albert Einstein. Tre di queste lettere sono sull’assorbimento e l’emissione della luce negli atomi, una teoria che ha costituito la base dei moderni laser, quelli che utilizziamo oggi. Nella quarta, invece, Einstein svela all’amico di non aver capito, dopo 50 anni dalla sua teoria, la natura quantistica della luce, il dualismo onda-particella della luce alla base della meccanica quantistica.
Queste lettere forniscono un quadro più chiaro e colorato del popolare scienziato, che oltre ad aver dedicato la sua vita agli studi di fisica, era un uomo lungimirante, anche rispetto ai problemi della società, e ironico. Nelle lettere a Besso, che è confidente di Einstein, ad esempio, ci sono anche osservazioni acute dello scienziato su temi che riguardano l‘identità ebraica. In particolare scherza con l’amico sul fatto che si sia convertito al cristianesimo. “Non andrai sicuramente all’inferno, anche se ti sei battezzato”, scrive Einstein. E un altro scambio sagace è sul fatto che Besso sta imparando la lingua ebraica. “Come non-ebreo, non sei tenuto a imparare la lingua dei nostri padri – scrive – mentre io, ‘ebreo santo’ mi dovrei vergognare del fatto che non conosco quasi niente di questa lingua. Ma preferisco vergognarmi che impararla”.
di Viola Rita
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