L’elusiva costante di Hubble e il destino dell’universo

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L’elusiva costante di Hubble e il destino dell’universo

 

Edwin-Hubble-1889-1953-astronomo-e-astrofisico-statunitense-a-cui-è-intitolata-la-costante-che-esprime-il-tasso-di-espansione-delluniverso.-Wikimedia-Commons

Uno studio ha proposto una nuova tecnica basata sulla rilevazione delle onde gravitazionali che potrebbe porre fine al dibattito sul valore della        costante che esprime il tasso di espansione dell’universo e fornire indizi sul destino del cosmo.

Una misurazione precisa della costante di Hubble, il valore che descrive quanto velocemente l’universo si sta espandendo, sfugge agli scienziati da decenni.
Fissare questo numero porrebbe fine a un dibattito di lunga data tra gli astronomi e ci avvicinerebbe alla comprensione dell’evoluzione e del destino dell’universo. Ora i ricercatori hanno usato le recenti rilevazioni delle onde gravitazionali per presentare una dimostrazione ideale di un metodo nuovo per determinare la costante.
Finora gli astronomi hanno adottato due approcci per valutare il valore della costante. Un metodo usa oggetti di luminosità nota, chiamati candele standard, come le stelle variabili Cefeidi. La luce di una stella Cefeide oscilla a intervalli regolari e l’intervallo è correlato alla quantità di luminosità che emette. Derivando la luminosità reale della stella dal suo tasso di fluttuazione e confrontandola con la luminosità che appare agli osservatori sulla Terra è come se gli astronomi determinassero la sua distanza.

Particolare dell’Extreme Deep Field, un’immagine realizzata dalla NASA assemblando 10 anni di osservazioni del telescopio spaziale Hubble. Rappresenta una piccola porzione dell’Hubble Ultra Deep Field, l’immagine dell’universo con la maggiore profondità di campo mai realizzata. (Credit: NASA; ESA; G. Illingworth, D. Magee, and P. Oesch, University of California, Santa Cruz; R. Bouwens, Leiden University; and the HUDF09 Team)

Gli scienziati quindi misurano il redshift degli stessi oggetti, ovvero quanto la loro luce è stata spostata verso l’estremo rosso dello spettro elettromagnetico.
Il redshift si verifica quando una fonte di luce si allontana da un osservatore: le onde luminose emesse saranno allungate. Questo effetto è simile a quello del suono di un clacson di un’automobile che diminuisce di tonalità mentre il veicolo si allontana. Misurando il redshift di una stella distante, gli astronomi possono calcolare quanto velocemente si allontana dalla Terra. Quando combinano quell’informazione con la sua distanza, ottengono un valore per la costante di Hubble.
La seconda tecnica per calcolare il tasso di espansione dello spazio si basa sul fondo cosmico a microonde (CMB), la flebile radiazione lasciata dal
big bang che permea lo spazio profondo. Quando le misurazioni precise delle variazioni di temperatura nel fondo cosmico a microonde ottenute dal telescopio spaziale Planck sono inserite nel modello standard della cosmologia del big bang, permettono agli astronomi di derivare la costante.
Il problema è che i valori ottenuti da questi metodi non concordano: c’è una differenza che i cosmologi chiamano “tensione”. I calcoli con il redshift ottengono un valore di circa 73 (in unità di chilometri per secondo per megaparsec); le stime del fondo cosmico a microonde sono più vicine a 68.
All’inizio molti ricercatori hanno pensato che questa divergenza potesse essere dovuta a errori nelle misurazioni (noti tra gli astrofisici come “sistematici”). Ma nonostante anni di indagini, gli scienziati non trovano alcuna fonte di errore abbastanza ampia da spiegare il divario.
Una possibilità più intrigante è che la tensione rifletta una vera differenza tra la costante di Hubble alla distanza che sta guardando Planck, l’universo remoto lontano, e quella del metodo delle candele standard, che è l’universo vicino e recente. Certo, gli scienziati sanno già che l’espansione dell’universo sta accelerando: anche se non sanno esattamente perché, chiamano la misteriosa causa “energia oscura”.
Ma anche tenendo conto dell’accelerazione nota, la tensione suggerisce che potrebbe accadere qualcosa di strano all’energia oscura che fa sì che la costante di Hubble diverga così tanto. Indica che il tasso di espansione durante l’epoca cosmica che ha seguito il big bang, che il fondo cosmico a microonde rifletterebbe, era radicalmente diverso da quello che i cosmologi credono che sia attualmente.
Se la cosa non è da attribuire a un’anomalia dell’energia oscura, è possibile che alcune particelle sconosciute come un tipo inesplorato di neutrino, la particella quasi senza massa che pervade il cosmo, possano influenzare i calcoli.
“Questa tensione può nascondere la soluzione al problema della descrizione dell’universo: la sua evoluzione, le fonti di energia che ci sono dentro”, dice Valeria Pettorino, astrofisica e ricercatrice alla CEA Saclay, in Francia, non coinvolta nello studio. “E in pratica questo decide passato, presente e futuro del nostro universo, indipendentemente dal fatto che si espanderà o meno per sempre, indipendentemente dal fatto che finirà o meno per ricollassare e rimbalzare”.
Onde nello spazio-tempo
Ora, usando i segnali delle onde gravitazionali generate dalla fusione di due buchi neri e i dati di redshift ottenuti da uno delle più ambiziose ricognizioni del cielo mai effettuate, i ricercatori hanno sviluppato un modo nuovo per calcolare la costante di Hubble, e lo hanno descritto in uno studio inviato alle “Astrophysical Journal Letters” e pubblicato sul sito web di preprint arXiv il 6 gennaio.
Nello studio riportano un valore per la costante di 75,2 , anche se con un ampio margine di errore (+39,5, -32,4, il che significa che il numero effettivo potrebbe variare fino a 114,7 o scendere a 42,8).
Questa grande incertezza riflette il fatto che il calcolo proviene da una singola misurazione, quindi non aiuta ancora a chiarire la tensione tra i due metodi di calcolo originali. Ma in linea di principio, la tecnica è rivoluzionaria. Solo un’altra misurazione, a partire da ottobre 2017, ha tentato di calcolare la costante di Hubble usando le onde gravitazionali. Gli scienziati sperano che le rilevazioni future delle onde gravitazionali possano aiutarli a migliorare la precisione del calcolo.
Le onde gravitazionali sono increspature nel tessuto dello spazio-tempo. La teoria generale della relatività di Albert Einstein prevedeva la loro esistenza già nel 1915 e da allora gli astronomi sono andati alla ricerca di modi per rilevarle. In modo non sorprendente, le collisioni di oggetti massicci portano a una significativa generazione di onde gravitazionali.

Rappresentazione schematica dell’espansione dell’universo a partire dal big bang. La legge di Hubble prevede che le galassie si allontanano con una velocità proporzionale alla loro distanza dalla Terra. (Science Photo Library RF / AGF)

Nel 1986 il fisico Bernard Schutz aveva proposto per la prima volta che si sarebbero potuti usare questi cosiddetti sistemi binari per determinare la costante di Hubble, sostenendo che probabilmente gli osservatori li avrebbero rilevati nel prossimo futuro; in effetti ci sono voluti quasi trent’anni prima che gli osservatori vedessero i segnali.
Il Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (LIGO) in Louisiana e nello Stato di Washington ha ottenuto la prima rilevazione assoluta di onde gravitazionali nel settembre 2015, e da allora hanno osservato una decina di altri eventi, insieme alla loro controparte europea, l’interferometro Virgo costruito in Italia, vicino a Pisa. Gli esperimenti cercano minuscole alterazioni nello spazio-tempo causate dal passaggio delle onde gravitazionali.
Sirene standard
Una raffica di onde gravitazionali prodotta dalla fusione di due buchi neri è un elemento del nuovo metodo per calcolare la costante di Hubble.
Non diversamente dalle candele standard, i sistemi binari di buchi neri oscillano. Mentre si avvolgono a spirale l’uno intorno all’altro, la frequenza delle onde gravitazionali che emettono varia a un tasso correlato alle dimensioni del sistema. Da questo, gli astronomi derivano l’ampiezza intrinseca delle onde. E confrontando questo dato con la loro ampiezza apparente (simile a un confronto tra la luminosità reale di un Cefeide e la sua luminosità apparente), calcolano quanto lontano sia il sistema. Gli astronomi le chiamano “sirene standard”. Hanno misurato la distanza da questa particolare collisione in circa 540 megaparsec, ovvero circa 1,8 miliardi di anni luce dalla Terra.
Un redshift associato, come quello della galassia in cui si trovano le sirene, fornisce il secondo elemento del nuovo metodo.
I ricercatori hanno usato i dati del redshift della Dark Energy Survey, che ha appena terminato di mappare una porzione del cielo meridionale in modo più ampio e profondo rispetto a qualsiasi precedente ricognizione. I dati del redshift combinati con la misurazione della distanza hanno fornito ai ricercatori la nuova stima per la costante.
Antonella Palmese, ricercatrice associata al Fermilab e coautrice dello studio, afferma che il metodo è promettente in parte perché le fusioni dei buchi neri sono relativamente abbondanti. Anche se si tratta di una dimostrazione teorica, ritiene che via via che si renderanno disponibili altri eventi gravitazionali da LIGO/Virgo, le statistiche miglioreranno. L’astronoma dell’Università di Oxford Elisa Chisari, che non è stata coinvolta nello studio, è d’accordo.
“Per ora il livello di vincoli che hanno ottenuto sul tasso di Hubble non è competitivo con altre misurazioni”, dice. “Ma via via che LIGO costruirà il suo catalogo di eventi di onde gravitazionali nei prossimi anni, sarà possibile combinare più eventi, e diventerà davvero un metodo competitivo”.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 30 gennaio 2019.)
Di: Jim Daley/Scientific American
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