Sulle origini di Pompei il mistero …

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Sulle origini di Pompei il mistero di una cometa

«L’enigma della stella cometa da cui ha avuto origine la Pompei preromana». In esclusiva a «Il Mattino» i simboli misteriosi che racconteranno al mondo il periodo in cui ha avuto origine l’incantevole luogo dalle tante vite. Sono i muri della città a parlare. È sulla imponente parete – ben conservata nei secoli – di otto metri sotto i lapilli, venuta alla luce ai piedi della «Torre di Mercurio», che c’è il racconto di secoli di storia. Simboli, disegni, incisioni che per la prima volta hanno trovato la luce e sui quali aleggia un mistero lungo secoli e secoli. Tra i tanti simboli enigmatici quello che ha colpito più di tutti è la stella cometa: il segno sotto il quale è nata Pompei. Per il direttore generale del Parco Archeologico, Massimo Osanna, «si tratta di una delle più importanti scoperte scientifiche-archeologiche fatte a Pompei. Sono dati eccezionali – ha detto Osanna – che raccontano di una Pompei sconosciuta».

Il narratore di questa storia, che fino ad oggi nessuno mai ha potuto raccontare, è il professor Marco Fabbri, dell’università «Tor Vergata». Quante vite ha avuto ha avuto Pompei prima di diventare la città che vediamo oggi passeggiando per le strade del Parco archeologico? Una visita a Pompei significa percepirne le strade, i quartieri, le case, le botteghe, le officine, gli edifici pubblici e religiosi, cioè apprezzare la forma della città antica meglio conservata al mondo. Ma la percezione è limitata all’impianto urbano sepolto dalla cenere e dai lapilli del 79 dopo Cristo. Com’era, invece, la città nei diversi momenti che hanno caratterizzato la sua storia, da quando fu fondata all’inizio del VI secolo avanti Cristo? Le mura hanno aiutato gli studiosi a rispondere a questa domanda. Attraverso l’analisi delle diverse fasi costruttive delle cortine difensive, dei terrapieni, delle porte – dalle quali partono i principali assi stradali urbani – è stato possibile leggere i momenti di ricchezza, di crisi e di timore vissuti dalla città.
Grazie alle indagini svolte è stato scoperto che sono almeno tre i sistemi di fortificazione succedutisi dalla fondazione della città vesuviana fino all’89 avanti Cristo, quando la Pompei, allora abitata da genti sannitiche, viene conquistata dalle truppe romane guidate dal celebre generale romano Lucio Cornelio Silla. In quel momento l’imponente sistema difensivo di Pompei era costituito dalla successione di tre murature contenenti due terrapieni in parte adibiti a camminamenti, da sette porte e da 12 torri a tre piani. Un’opera lunga oltre 3 chilometri, con uno spessore di 17 metri e un’altezza, in corrispondenza delle torri, di quasi 14 metri. Il progetto in corso, avviato tra l’università «Tor Vergata» e il Parco Archeologico, oltre a scoprire una Pompei inedita ha risolto i problemi di conservazione dei una delle pareti affrescate del cubiculum del giardino della domus di Apollo, minacciata dalla spinta del terrapieno difensivo.
I nuovi scavi presso la Torre XI, (meglio conosciuta come Torre di Mercurio) hanno rilevato importanti novità sul sistema viario di Pompei di età arcaica (VI-V secolo avanti Cristo), ortogonale alle mura. Questo ritrovamento racconta un’importante trasformazione avvenuta nell’impianto urbano pompeiano: l’esistenza, al di sotto della torre, di una porta della città poi chiusa. Inoltre, l’allineamento della strada rinvenuta al di sotto di Torre di Mercurio, con la omonima via ancora in funzione nel 79 dopo Cristo, attesta l’antichità di quest’ultima accreditandola come uno degli assi generatori dell’originario impianto urbano di Pompei.
I materiali recuperati hanno permesso di datare la chiusura della porta alla fine del IV secolo avanti Cristo. Un monumentale tratto della cortina interna delle mura di età sannitica, emerso a lato della torre in uno straordinario stato di conservazione, testimonia la fase successiva alla chiusura della porta. Il terrapieno in questo punto è configurato come una scalinata, che doveva facilitare il raggiungimento del camminamento superiore. Su moltissimi dei grandi blocchi squadrati che compongono le mura in questo tratto sono visibili in modo straordinariamente chiaro le marche di cava incise nel tufo.
«Si tratta di segni dalla difficile interpretazione – spiega il professor Fabbri – che dovevano servire a migliorare l’organizzazione delle varie fasi cantiere, dall’estrazione dei blocchi, alla lavorazione, fino alla definitiva messa in opera. Ci auguriamo che queste nuove indagini possano arrivare a risolvere anche la questione della loro indecifrabilità. Considerato che una costruzione complessa come quella delle mura pompeiane necessita di grandi capacità organizzative e di un massiccio impiego di risorse, indagarne le diverse fasi edilizie significa non solo incrementare le nostre conoscenze sulle modalità e sulle tecniche di difesa utilizzate per respingere gli attacchi nemici, ma anche inquadrare il contesto politico, economico e sociale nel quale questi grandiosi interventi sono stati decisi e realizzati».
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