Divinità egizie, tra fascino e mistero

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Da sempre avvolta nel mistero, la storia delle divinità egizie ci riporta in un passato lontano, che risale a millenni prima di Cristo e che ancora oggi è oggetto di studio e di ricerche da parte di storici e archeologi di tutto il mondo. Ma cosa sappiamo sugli dei venerati da questo popolo?
Divinità egizie, dallo zoomorfismo all’antropomorfismo
Impossibile non lasciarsi catturare dal fascino dell’antico Egitto, tra geroglifici, piramidi e faraoni ricordati tutt’ora come esempio di una grande civiltà che ha raggiunto il suo apogeo sotto la XVIII e la XIX dinastia, con Tutankhamon e Ramses II.
La cultura egizia era fortemente influenzata dalla religione politeista, che si fondava su di un ampio numero di divinità preposte a vegliare sul mondo dei vivi e su quello dei morti. In origine le divinità egizie erano zoomorfe, ovvero rappresentate con sembianze animali, come lo sciacallo (Anubi), il gatto (Bastet) e il falco (Horus). In seguito, esse assunsero parzialmente tratti umani, con teste di animale su un corpo umano. Le nuove forme di culto, che si andarono sviluppando nel corso dei secoli, non eliminavano le precedenti, ma vi si sovrapponevano, generando rituali sempre più ricchi e complessi. Gli Egizi, inoltre, credevano nella vita oltre la morte e per meglio conservare il corpo del defunto, ricorrevano alla mummificazione (dall’arabo mumia, che significa “bitume”), praticata inizialmente solo sui faraoni e poi anche sugli esponenti del ceto medio che volevano partecipare al destino ultraterreno.
Anubi, dio dell’imbalsamazione
Anubi, uomo dalla testa di sciacallo, era il protettore dei morti e dio della mummificazione. Il suo compito era quello di accompagnare le anime dei defunti al cospetto di Osiride, che doveva giudicarne i peccati dalla purezza del cuore. Questo era, infatti, l’unico organo ad essere lasciato all’interno del corpo, mentre gli altri venivano riposti all’interno dei vasi canopi, raffiguranti la testa di un rapace (intestino), di una scimmia (polmoni), di uno sciacallo (stomaco) e di un uomo (fegato). L’organo veniva posto su una bilancia durante la cerimonia della pesatura, usando per controbilanciarne il peso una piuma, simbolo di Maat, dea della giustizia. Se il cuore risultava più pesante della piuma, allora il defunto veniva dato in pasto ad Ammit, il mostro ai piedi della bilancia, che rappresenta gli animali più pericolosi d’Egitto: il coccodrillo, il leone e l’ippopotamo. Se il suo peso era pari o inferiore a quello della piuma, allora il defunto poteva avere accesso all’oltretomba.
Osiride, dio degli Inferi
Secondo il mito, il giovane di Osiride era stato ucciso da Seth, divinità malvagia dio del caos, del deserto, delle tempeste, della violenza e degli stranieri. Iside, sua moglie e sorella, trasformatasi in un falco, ne aveva imbalsamato e seppellito il corpo, infondendogli nuova vita con il battito delle sue ali. Osiride, risorto, aveva generato con Iside un figlio, Horus, che avrebbe vendicato la morte del padre uccidendo Seth.
Iside, dea della fertilità
Sposa di Osiride, madre di Horus, figlia di Geb e Nut, era la divinità femminile più importante del pantheon egizio, dea della maternità e della fertilità. Per questo motivo, nelle case si trovava un piccolo altare, simile a quello che i Romani dedicavano ai Lari e ai Penati. Iside significa “trono” ed in origine era la personificazione del trono reale. I suoi seguaci la invocavano con diversi nomi: Sovrana di tutte le terre, Signora del Cielo e Grande Madre. Il culto della Dea Madre affonda le radici nel Paleolitico, quando gli uomini primitivi modellavano figure di “veneri” dalle forme generose che simboleggiavano il dono della fertilità. Il culto isiaco si diffuse anche a Roma, dove spesso si assisteva a processioni cadenzate da uno strumento metallico in bronzo e aperte da una donna che teneva il braccio teso, intorno al quale era avvolto da un serpente.
Horus, dio dell’arte, della musica e della bellezza
A completare la triade della famiglia divina troviamo Horus, il dio con la testa di falco, signore dell’arte e protettore dei cacciatori. Verrà identificato con il sole, diventando simbolo della nobiltà e dunque dei faraoni. Egli era inoltre dotato del potere della chiaroveggenza, rappresentato con un sole al posto dell’occhio destro e una luna al posto dell’occhio sinistro. I quattro elementi naturali, acqua, aria, terra e fuoco, erano al suo comando e perciò veniva ritenuto il responsabile dell’equilibrio del mondo naturale, associato anche all’orizzonte orientale e alle terre straniere.
Ra, dio del Sole
Una delle più importanti divinità egizie fu Ra, il Sole, padre dei faraoni (figura analoga a Zeus-Giove). Quando i sovrani di Tebe imposero alle altre città il dio guerriero Amon, questo venne affiancato a Ra, diventando Amon-Ra. Il faraone Amenhotep IV, marito della bella Nefertiti, fondò una religione monoteista per contrastare la classe dei sacerdoti, sostituendo gli dei tradizionali con la sola figura di Aton. Egli arrivò addirittura al punto di mutare il suo nome in Akhenaton (“amato da Aton”), sopprimendo il culto di Amon. Il suo successore Tutankhaton (“immagine vivente di Aton”), ripristinò il politeismo e cambiò nome in Tutankamon (“immagine vivente di Amon”), per sancire tale restaurazione.
Passano i secoli, ma il fascino e il mistero che circondano le divinità egizie e i culti a loro associati permangono, continuando a stimolare la curiosità di tutti, dagli archeologi agli studenti.
di: Giulia Verruti
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